Troppe prescrizioni: quasi la metà degli esami diagnostici è inappropriata

Pubblichiamo l’interessante intervista a Nino Cartabellotta, fondatore del GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze), diffusa dal quotidiano La Stampa. Dall’articolo emerge che i medici fanno troppe prescrizioni: quasi la metà degli esami esami diagnostici è infatti inappropriata.

Troppe prescrizioni: quasi la metà degli esami diagnostici è inappropriata

Pubblichiamo l’interessante intervista a Nino Cartabellotta, fondatore del GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze), diffusa dal quotidiano La Stampa.
Dai dati presenti nell’articolo emerge chiaramente il problema della cosiddetta “medicina difensiva”, cioè di quell’insieme di pratiche sanitarie diagnostiche o terapeutiche condotte principalmente come tutela delle responsabilità medico legali più che delle reali necessità assistenziali del paziente. Questo aspetto, da solo, non riesce tuttavia a spiegare il perché in Italia si abbiano il maggior numero di risonanze al mondo in relazione alla popolazione e, di conseguenza, anche lunghissime liste d’attesa.
La risposta al quesito è semplice: troppe prescrizioni!
Di esami diagnostici come la risonanza magnetica se ne fanno troppi e inoltre molti sono inappropriati: per la precisione il 40%, ma si può arrivare addirittura all’85% nel caso delle risonanze alla colonna.
L’intervista mette giustamente in guardia da possibili “intrecci” che poco hanno a che fare con la deontologia professionale, come ad esempio professionisti che trattano il paziente in ospedale ma lo sottopongono ad esami diagnostici nel privato. Se una cura o una procedura diagnostica è appropriata o meno lo stabiliscono le evidenze scientifiche ed è sulla base di queste (sempre nel rispetto e in accordo con i valori del paziente e con la specificità del caso) che si dovrebbe decidere se eseguire o meno un esame, più che sulle opinioni, l’esperienza o convinzioni del professionista (e ancor peggio sulle paure del paziente): tutto questo non è “evidence based” quanto piuttosto una medicina “opinion based”.
L’articolo offre interessanti spunti di riflessione; ne riproponiamo uno in questa sede.
Viene da chiedersi quanto a questo processo di spreco non partecipi da vero e proprio protagonista anche (seppur inconsapevolmente o almeno in parte) il paziente, vale a dire quante volte il medico “cada” nella tentazione (forse per non perdere il paziente, e in questo caso c’è più dolo che colpa) di prescrivere l’esame per accontentare il “paziente/cliente” che espressamente lo richiede e per placare le sue paure (a volte infondate).
Ritengo che il paziente vada appropriatamente educato alle buone pratiche terapeutiche e diagnostiche, così come il medico e i sanitari in generale. Questi sprechi fanno molto male alle casse della Sanità Pubblica (quindi alle tasche di ognuno di noi) e causano ritardi nel raggiungimento di una diagnosi corretta e quindi di un trattamento appropriato: insomma è un problema che riguarda tutti!
Buona Lettura.

Dott. Ft. Antonello Viceconti

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