FISIO 2000 https://www.fisio2000.it Ricerca e tecnologia applicata alla riabilitazione Tue, 04 Mar 2025 08:04:02 +0000 it-IT hourly 1 L’uso dei tutori nella sindrome del dolore femoro-rotuleo: Esistono davvero prove di efficacia? https://www.fisio2000.it/luso-dei-tutori-nella-sindrome-del-dolore-femoro-rotuleo-esistono-davvero-prove-di-efficacia https://www.fisio2000.it/luso-dei-tutori-nella-sindrome-del-dolore-femoro-rotuleo-esistono-davvero-prove-di-efficacia#comments Sun, 23 Oct 2016 18:44:08 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=1131 Terzo articolo della speciale rubrica dedicata alle Evidenze Scientifiche nello Sport a cura del dott. Antonello Viceconti

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La sindrome del dolore femoro-rotuleo è una condizione clinica muscoloscheletrica molto frequente soprattutto nel campo delle attività sportive, anche se viene spesso riscontrata in giovani non sportivi.
Interessa il 25% circa degli atleti e rappresenta il 30% di tutte le visite medico-sportive; ne sono maggiormente affette le giovani ragazze e solitamente si presenta ad entrambe le ginocchia, anche se un lato può essere più sintomatico dell’altro. In generale, comunque, riguarda una fascia di età molto ampia e spesso inizia già durante l’età adolescenziale.

Sintomi

Il paziente con sindrome del dolore femoro-rotuleo lamenta solitamente dolore al ginocchio localizzato nella parte anteriore e retropatellare, cioè posteriormente alla rotula.
Il dolore può persistere a lungo: una percentuale variabile tra il 71% e il 91% dei pazienti riferisce un dolore cronico che persiste anche dopo 20 anni dalla diagnosi iniziale. Questa condizione clinica può inoltre aumentare il rischio di sviluppare l’artrosi a livello della stessa articolazione femoro-rotulea.

Cause

Tra le attività funzionali più provocative troviamo tutte quelle che producono un aumento di carico sull’articolazione femoro-rotulea, come ad esempio la corsa, i movimenti di squat, e il salto, tanto che questa problematica è stata ribattezzata “il ginocchio del saltatore”.
Tuttavia anche la semplice salita e discesa delle scale può risultare dolorosa, con una conseguente riduzione della capacità fisica e lavorativa generale.
La causa del problema non è ancora chiara e probabilmente si tratta di un disturbo multifattoriale. Tra i vari fattori causali, va citata, anche nei runner, sicuramente la debolezza dei muscoli anteriori della coscia e dell’anca, i quali contribuiscono ad un corretto controllo motorio del’asse femore-tibia nello spazio: anomalie a questo livello possono aumentare le forze di taglio a livello della rotula con un conseguente sovraccarico articolare. Anche la rigidità dei tessuti molli, le anomalie strutturali dell’arto inferiore e le disfunzioni del movimento possono avere un ruolo causale.

Approcci terapeutici

Sono vari gli approcci terapeutici conservativi proposti in letteratura: la terapia manuale, l’esercizio terapeutico, l’applicazione di taping, i plantari e i tutori.
Ci soffermeremo su questi ultimi in quanto vengono spesso suggeriti, in particolare con lo scopo di ridurre il dolore lamentato a livello del ginocchio, e possono essere utilizzati da soli o in aggiunta ad altri tipi di trattamenti come gli esercizi o l’uso di anti-infiammatori non steroidei (FANS).
In realtà i tutori rientrano nella più ampia categoria delle ortesi, tra cui si possono menzionare anche i bendaggi, le fasce elastiche e le ginocchiere. Le evidenze scientifiche a riguardo, quindi, si possono estendere anche questo genere di tecniche comunemente indicate con il termine “fasciature”.

Evidenze scientifiche

La revisione sistematica della letteratura Cochrane* di Smith e colleghi (2015) ha analizzato 5 studi clinici (per un totale di 368 pazienti esaminati) in cui sono state utilizzate le ortesi (tra cui i tutori) per il trattamento del dolore femoro-rotuleo.
Il confronto dei risultati ha riguardato l’esercizio terapeutico svolto e l’utilizzo di varie tipologie di ortesi.
Tutti e 5 gli studi, va evidenziato, sono stati giudicati ad elevata probabilità di errore nella qualità metodologica con cui sono stati condotti, ma hanno prodotto dei risultati concordi.
Gli autori della revisione hanno infatti concluso che sono necessari studi clinici di elevata qualità per dimostrare l’effetto dei tutori che comunemente si trovano sul mercato e che vengono spesso prescritti nel trattamento della sindrome del dolore femoro-rotuleo e che senza tali riscontri l’impiego delle ortesi non può ritenersi scientificamente efficace.

* Le Revisioni Sistematiche della Cochrane Collaboration analizzano gli studi scientifici primari pubblicati in letteratura nell’ambito delle cure e delle politiche sanitarie. Sono riconosciute a livello internazionale come il più elevato standard scientifico nell’ambito della medicina basata sulle prove di efficacia. Nelle Revisioni Cochrane vengono studiati gli effetti degli interventi studiati in letteratura nell’ambito della prevenzione, del trattamento e della riabilitazione. Valutano inoltre l’accuratezza dei test diagnostici. Tutte le revisioni Cochrane vengono aggiornate costantemente per garantire l’attualità e l’affidabilità delle evidenze scientifiche e sono pubblicate nella Cochrane Library che è accessibile anche via internet (cochrane.org).

Una corretta informazione scientifica aiuta i clinici ma soprattutto i pazienti nel prendere decisioni consapevoli e sicure in ambito sanitario; lo scopo di questa serie di commenti agli articoli della Cochrane UK è proprio quello di informare i pazienti e in particolare gli sportivi: per dirla con la frase d’esordio dell’articolo pubblicato sul sito dell’ente britannico: “per tutti coloro che ambiscono al podio o anche solo al parco giochi” !

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Informazioni errate sulla crioterapia: il dott. Viceconti scrive alla Gazzetta dello Sport https://www.fisio2000.it/informazioni-errate-sulla-crioterapia-il-dott-viceconti-scrive-alla-gazzetta-dello-sport https://www.fisio2000.it/informazioni-errate-sulla-crioterapia-il-dott-viceconti-scrive-alla-gazzetta-dello-sport#comments Mon, 05 Sep 2016 10:57:35 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=1116 Riportiamo integralmente la lettera inviata dal dott. OMT Antonello Viceconti alla testata sportiva "La Gazzetta dello Sport" riguardante l'argomento "crioterapia"

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Gentile direttore, gentile Redazione della Gazzetta dello Sport
prendo spunto da un articolo recentemente apparso sulla vostra testata (articolo Gazzetta dello Sport) in cui si parla degli effetti della crioterapia per segnalare in merito a questa tematica che in letteratura scientifica non esistono, ad oggi, sufficienti prove di efficacia che ne giustifichino l’applicazione a scopo terapeutico.
Ne ho parlato recentemente in un articolo sul mio blog personale (Fisio2000 Blog) e sulla rivista on-line TrailRunning.it, riprendendo e commentando vari articoli di giornale: soprattutto quelli apparsi sul The Guardian e sull’Economist in cui si sfata il falso mito di questa tecnica. Nel mio articolo riporto anche i dati di una revisione sistematica della letteratura (lo standard scientifico più elevato, nel campo della ricerca, per rispondere a quesiti di salute relativi al trattamento) pubblicata dalla Cochrane Collaboration, l’organizzazione no profit più accreditata in ambito internazionale in tema di produzione, pubblicazione e diffusione di evidenze scientifiche.
Cito inoltre un articolo già apparso lo scorso anno sulla vostra testata (articolo Gazzetta dello Sport) in cui si parlava sempre di crioterapia e si riportava erroneamente che “la ricerca medica l’ha resa una terapia curativa sicura ed efficace”, esprimendo l’assunto teorico per cui “se così non fosse, non sarebbe largamente utilizzata sia dai professionisti di tutti gli sport, individuali e di squadra, sia dagli amatori”.
Al momento queste affermazioni non sono sufficientemente suffragate da evidenze scientifiche consolidate e ho quindi il dovere di professionista sanitario di segnalare che quanto riportato nell’articolo non può essere considerato veritiero in termini scientifici.
Oltre alla Cochrane Collaboration si è espressa anche la Food and Drug Administration, l’agenzia statunitense che vigila su farmaci, terapie e salute, confermando che non esiste alcun beneficio per questa pratica.
Riporto per completezza il passaggio dell’articolo in cui si evidenziano in maniera eccessivamente superficiale i presunti vantaggi della crioterapia facendo riferimento ad esperienze di campioni del mondo dello sport senza tuttavia mai far riferimento all’evidenza scientifica della pratica.

Confidando in una sua gentile risposta alla mia segnalazione, porgo distinti saluti.

Dott. Magistrale Ft. OMT Antonello Viceconti

— Molti i benefici della crioterapia che, agendo sul sistema muscolare, aiuta a prevenire e curare gli infortuni, migliora il benessere fisico, contribuisce a recuperare l’affaticamento muscolare e a smaltire l’acido lattico, diminuisce il dolore, migliora la circolazione sanguigna, grazie all’effetto dapprima vasocostrittivo e in seguito vasodilatatorio.
Conosciuta fin dai tempi antichi questa pratica sembra vivere ultimamente una seconda giovinezza soprattutto fra gli sportivi: si dice che Cristiano Ronaldo e Usain Bolt abbiano la criosauna in casa mentre fra le addicted dei bagni di ghiaccio c’è anche la grande ex maratoneta Paula Radcliffe.
I ciclisti, nelle grandi corse a tappe (per esempio al Tour de France ), per recuperare più rapidamente dopo una frazione sotto il sole cocente usano immergersi in appositi vasconi che i massaggiatori riempiono di acqua e ghiaccio, così fanno anche i tennisti dopo i lunghi match che si giocano sotto la calura estiva.
Donna di montagna, abituata al grande freddo, la valdostana Catherine Bertone non è nuova alla criosauna e prima ancora era abbonata ai bagni nel fiume Dora. “Circa due minuti, dopo la gara o dopo un allenamento impegnativo a cui deve seguire un altro allenamento impegnativo. Insomma, nelle settimane di carico”, spiega il marito e runner Gabriele Beltrami che la segue nella preparazione, “il beneficio è immediato e lo si riscontra nell’allenamento del giorno dopo. Ottimo per decongestionare muscoli o piccole infiammazioni”. —

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Infiltrazioni nella tendinopatia achillea: quali evidenze scientifiche? https://www.fisio2000.it/infiltrazioni-nella-tendinopatia-achillea-quali-evidenze-scientifiche https://www.fisio2000.it/infiltrazioni-nella-tendinopatia-achillea-quali-evidenze-scientifiche#comments Fri, 02 Sep 2016 19:12:38 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=1102 Secondo appuntamento con la rubrica dedicata alle Evidenze Scientifiche nello Sport a cura del dott. Viceconti

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Il tendine è una struttura formata da collagene che collega i muscoli alle ossa, fungendo da “catena di trasmissione” del movimento e della forza generata dai muscoli stessi . Nello specifico il tendine d’Achille collega i muscoli posteriori della gamba (gastrocnemio e soleo) al calcagno, nella parte posteriore del piede, e ha un ruolo fondamentale nel cammino e nella corsa perché produce il sollevamento del peso corporeo dal suolo a partire dall’elevazione della parte posteriore del piede.
Secondo uno studio epidemiologico effettuato in Olanda, si stima che l’età media di comparsa della tendinopatia del tendine d’Achille sia di circa 43 anni e nel 34,6% dei casi è stata notata una relazione specifica con le attività sportive.
Va considerato però che l’indagine è stata condotta solo tramite intervista ai medici di base: è quindi plausibile che il fenomeno descritto sia sottostimato in quanto chi soffre di questo disturbo può essersi rivolto anche ad altri professionisti sanitari come ad esempio i fisioterapisti [1].

Spesso viene utilizzato impropriamente il termine “tendinite”, dando per scontato che sia presente un sottostante fenomeno infiammatorio.
Sebbene il ruolo dell’infiammazione in questo tipo di patologia sia stato a lungo dibattuto, ad oggi si preferisce utilizzare in letteratura scientifica il termine “tendinopatia”, in quanto si tratta prevalentemente di una condizione degenerativa e non infiammatoria, che successivamente può portare anche alla rottura del tendine stesso [2][3].
La tendinopatia achillea può presentarsi nel punto di inserzione del tendine sul tallone (si parlerà quindi di tendinopatia inserzionale) oppure nella porzione intermedia, ovvero da 3 a 6 cm più in alto rispetto al tallone. Per la prima tipologia si pensa che ci sia una predisposizione dovuta alle eccessive forze compressive e di taglio che avvengono a questo livello, mentre nel secondo caso contribuirebbe la scarsa vascolarizzazione e la particolare geometria con cui le fibre stesse del tendine si “intrecciano” con quelle muscolari (a 90° circa) [3].
Sono diversi i fattori che possono essere associati a questo disturbo tra cui quelli di tipo biomeccanico (iper-pronazione del piede) o dovuti a patologie sistemiche come ad esempio il diabete. Ma anche il fumo, l’età, l’obesità e il livello di attività fisica, inteso come intensità e variazioni di intensità, possono essere influenti. Tuttavia si tratta molto probabilmente di un disturbo la cui natura è multifattoriale piuttosto che causata da uno soltanto di questi fattori [4][5].
I pazienti con tendinopatia achillea lamentano dolore e rigidità, soprattutto nella parte inferiore dei muscoli del polpaccio. Il tendine può presentarsi gonfio e ispessito e a volte molto dolente alla palpazione o al contatto, ad esempio posteriormente con la scarpa. I sintomi sono di solito peggiori al mattino anche se possono essere costanti e aggravati sia durante che dopo esercizi in carico [6]; è proprio in quest’ultima condizione che causa la maggior difficoltà nello svolgimento delle normali attività quotidiane (es. salire e scendere le scale), nello sport e nelle attività lavorative.

Quando il tendine d’Achille è soggetto a un improvviso e notevole incremento dei carichi (es. aumento del chilometraggio non graduale, inserimento di nuove ripetute o aumento dell’intensità) o a forze sub-massimali ma ripetute nel tempo come una corsa di lunga distanza, vanno in sofferenza soprattutto le zone in cui i fascicoli del tendine si “intrecciano” con le fibre muscolari e l’iniziale processo di infiammazione può estendersi per tutta la lunghezza del tendine. Questa fase solitamente è seguita da un processo di rimodellamento e riparazione delle strutture tendinee però, quando vi è uno squilibrio tra il processo riparativo e quelli chelo dann eggiano (come ad esempio i carichi ripetuti), il tendine può andare incontro a quei processi degenerativi a cui si è accennato e che si traducono in una tendinopatia [2][3].

Esiste una vasta gamma di trattamenti non chirurgici (conservativi) tra i quali possono essere citati gli esercizi in eccentrica, le terapie fisiche, i plantari, i tutori, le infiltrazioni e l’uso dei FANS (Farmaci Anti-infiammatori Non Steroidei) [7][8][9][10].

La revisione della letteratura effettuata da Kearney [11] e colleghi nel 2015 ha analizzato l’efficacia delle infiltrazioni le quali, secondo uno studio di Coombes del 2010, sono in crescente utilizzo in questo ambito. Anche tra le stesse infiltrazioni esistono varie sostanze che possono essere iniettate: i cortisonici, le soluzioni saline, il plasma arricchito, la tossina botulinica e i glicosaminoglicani [10]. Inoltre le infiltrazioni possono essere guidate con ecografia o meno, utilizzate singolarmente o insieme ad alcuni degli altri trattamenti citati; possono essere somministrate in una dose singola o in più dosi e possono essere eseguite localmente nel tendine o in aree specifiche (esempio aree di ricrescita vascolare). Non è chiara in letteratura l’efficacia di queste sostanze e l’esatta applicazione delle tecnica dipende ancora dalla discrezionalità del singolo clinico [6].
Tuttavia dalla revisione Cochrane*, che ha analizzato 18 studi (di cui 7 su popolazioni di soggetti atleti), per un totale di 732 soggetti considerati, emerge come non vi siano sufficienti prove scientifiche di efficacia a supporto di queste procedure terapeutiche. I ricercatori suggeriscono inoltre che, dal momento che gli studi analizzati non hanno aggiunto informazioni a supporto dell’utilizzo delle infiltrazioni, questa tecnica dovrebbe essere utilizzata prima in ambito di ricerca sperimentale per colmare l’attuale “gap” di evidenze scientifiche, monitorandone gli effetti per almeno 6 mesi.

I risultati di questa revisione si sono rivelati in accordo con due precedenti studi che avevano anche discusso dell’ampia gamma di sostanze utilizzate e dei risultati inconsistenti al riguardo[10] [11]: neanche in questo caso però gli studiosi avevano trovato sufficienti evidenze cliniche per raccomandare le infiltrazioni in questa patologia.

Ad oggi, con riferimento alle infiltrazioni e in attesa di future conferme da parte della ricerca scientifica, si può pertanto concludere che si dovrebbe optare per altre tipologie di cure in caso di trattamento della tendinopatia achillea.

Una corretta informazione scientifica aiuta i clinici ma soprattutto i pazienti nel prendere decisioni consapevoli e sicure in ambito sanitario; lo scopo di questa serie di commenti agli articoli della Cochrane UK è proprio quello di informare i pazienti e in particolare gli sportivi: per dirla con la frase d’esordio dell’articolo pubblicato sul sito dell’ente britannico: “per tutti coloro che ambiscono al podio o anche solo al parco giochi” !

* Le Revisioni Sistematiche della Cochrane Collaboration analizzano gli studi scientifici primari pubblicati in letteratura nell’ambito delle cure e delle politiche sanitarie. Sono riconosciute a livello internazionale come il più elevato standard scientifico nell’ambito della medicina basata sulle prove di efficacia. Nelle Revisioni Cochrane vengono studiati gli effetti degli interventi studiati in letteratura nell’ambito della prevenzione, del trattamento e della riabilitazione. Valutano inoltre l’accuratezza dei test diagnostici. Tutte le revisioni Cochrane vengono aggiornate costantemente per garantire l’attualità e l’affidabilità delle evidenze scientifiche e sono pubblicate nella Cochrane Library che è accessibile anche via internet (cochrane.org).

Bibliografia:
[1] De Jonge S, et al. Incidence of midportion Achilles tendinopathy in the general population. British Journal of Sports Medicine 2011;45(13):1026-8.
[2] Narici MV, et al. Ageing of human muscles and tendons. Disability and Rehabilitation2008;30:1548-54.
[3] Riley G. Tendinopathy – from basic science to treatment. Nature Clinical Practice Rheumatology 2008;4(2):82-9.
[4] Kraemer R, et al. Analysis of hereditary and medical risk factors in Achilles tendinopathy and Achilles tendon ruptures: a matched pair analysis.Archives of Orthopaedic and Trauma Surgery 2012;132:847-53.
[5] Van Sterkenburg MN et al. Mid-portion Achilles tendinopathy: why painful? An evidence-based philosophy. Knee Surgery, Sports Traumatology, Arthroscopy 2011;19(8):1367-75.
[6] Maffulli N, et al. Novel approaches for the management of tendinopathy. Journal of Bone and Joint Surgery – American Volume2010;92(15):2604-13.
[7] Andres BM, et al. Treatment of tendinopathy: what works, what does not, and what is on the horizon. Clinical Orthopaedics and Related Research 2008;466(7):1539-54
[8] Kearney RS, et al. Insertional Achilles tendinopathy management: a systematic review. Foot and Ankle International 2010;31(8):689-94.
[9] Sussmilch-Leitch S, et al. Physical therapies for Achilles tendinopathy: systematic review and meta-analysis. Journal of Foot and Ankle Research 2012;5(1):15.
[10] Coombes BK, et al. Efficacy and safety of corticosteroid injections and other injections for management of tendinopathy: a systematic review of randomised controlled trials. Lancet 2010;376(9754):1751-67.
[11] Kearney RS, et al. Injection therapies for Achilles tendinopathy. Cochrane Database Syst Rev. 2015 May 26;(5):CD010960.

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Ghiaccio e crioterapia: largamente utilizzati, ma sono realmente efficaci? https://www.fisio2000.it/ghiaccio-e-crioterapia-largamente-utilizzati-ma-sono-realmente-efficaci https://www.fisio2000.it/ghiaccio-e-crioterapia-largamente-utilizzati-ma-sono-realmente-efficaci#comments Thu, 25 Aug 2016 17:02:41 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=1049 Prima puntata della speciale rubrica dedicata alle Evidenze Scientifiche nello Sport a cura del dott. Viceconti

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L’utilizzo della crioterapia, ovvero di sistemi refrigerati, surrogati dei più antichi cubetti di ghiaccio, sembra essere un rimedio in forte crescita soprattutto nell’ambito del benessere, dello sport e dello spettacolo.
In rete è stato notato un enorme aumento di interesse per questa pratica nel 2015, con la maggior popolarità registrata in Irlanda, seguita dagli Stati Uniti e dal Regno Unito.
Negli ultimi anni questa pratica è stata fortemente promossa con la promessa di lenire i muscoli affaticati dopo gli allenamenti intensi, gli effetti dell’età e molto altro ancora. Alla squadra di rugby gallese, secondo quanto riportato da un articolo della BBC, sostengono addirittura che la crioterapia abbia giocato un ruolo importante nella corsa al successo per le semifinali della Coppa del Mondo del 2011.
Diversi sono gli esempi di star dello spettacolo e dello sport che hanno fatto ricorso a questo rimedio: dal “selfie agghiacciante” a -196°C di Leonardo Bonucci della Juventus nel 2014 prima della gara di Champions League contro il Lione, a Demi Moore e Cristiano Ronaldo (che si è fatto installare una “criosauna” da 50.000 dollari direttamente a casa), passando per le foto postate sui social da Lindsay Lohan e dallo “007” Daniel Craig che ne avrebbe usufruito per farsi trovare in forma nel film di successo Skyfall.
Anche Madonna, Janifer Aniston, Yoko Ono e Jessica Alba sarebbero delle “fan” del ghiaccio. A Manhattan l’utilizzo tra le star del cinema sarebbe diventato una vera e propria moda secondo il New York Post e le SPA ne avrebbero fatto un vero e proprio business.
La squadra di basket dei New York Knicks ne ha installate due al Madison Square Garden e hanno trovato il favore anche di star dell’NBA come LeBron James e Shaquille O’Neal.
In Italia invece ne sono degli utilizzatori la Juventus, la Roma e le Nazionali Italiane di calcio e rugby; nel mondo dell’atletica ne fa uso anche la maratoneta campione del mondo Paula Radcliffe.

Si chiama crioterapia, o criosauna: si tratta di grandi cilindri di acciaio che vengono refrigerati con azoto liquido, all’interno dei quali si è immersi fino all’altezza del torace. Le temperature variano tra i -150°C e i -200°C per una durata di alcuni minuti.
Sono molti i benefici promessi da chi produce e vende questi sistemi: favorirebbe la guarigione dai dolori cronici, combatterebbe l’osteoporosi, l’asma e il calo del desiderio sessuale. Addirittura viene promessa anche l’attivazione di processi metabolici in grado di innescare un repentino calo di peso.
In realtà nello sport italiano, soprattutto nel mondo del calcio, era un sistema già di moda negli anni ’70 quando, racconta Piero Volpi, responsabile medico dell’Inter, venivano preparate due vasche, una d’acqua fredda e una d’acqua calda, in cui si facevano immergere i calciatori per pochi minuti al fine di smaltire l’acido lattico e la fatica.
Ci sono diversi meccanismi per cui, esporre il corpo al freddo estremo, potrebbe aiutare ad alleviare la sensazione di dolore e affaticamento muscolare, tra cui la riduzione del metabolismo muscolare, l’attivazione della microcircolazione cutanea, la sensibilità dei recettori, la velocità di conduzione nervosa e la riduzione della sensazione di indolenzimento muscolare che insorge tardivamente dopo lo sforzo fisico.
Ma questi rimedi funzionano davvero?

Facciamo il punto della situazione: i revisori della Cochrane (Bone, Joint and Muscle Trauma Group) hanno messo insieme le migliori evidenze scientifiche disponibili in merito alla crioterapia, riguardo il suo ruolo nel prevenire o curare il dolore muscolare dopo l’esercizio, con lo scopo di capire se esistano o meno ragioni scientificamente valide che giustifichino il fatto di spendere molti soldi per “sentire così tanto freddo”. Ma anche per capire se possano esserci degli effetti collaterali.
Il team della Cochrane Collaboration ha trovato solo quattro piccoli studi randomizzati controllati (la tipologia di studio scientifico adatta per verificare l’efficacia di un trattamento terapeutico) adatti a valutare la problematica.
I dati riguardavano in totale 64 giovani adulti, fisicamente attivi e per lo più uomini. Tutti gli studi confrontavano la crioterapia “total body” rispetto al riposo oppure al non sottoporsi ad alcun trattamento. Un solo studio, invece, confrontava la crioterapia anche con terapia a infrarossi.
I risultati?

Esistono evidenze scientifiche scarse al riguardo, affermano gli autori della revisione sistematica della letteratura perché tutti gli studi analizzati hanno caratteristiche intrinseche di bassa qualità che potrebbero rendere i risultati dichiarati non affidabili.
Non è chiaro se la crioterapia abbia un effetto benefico o meno sul dolore muscolare o se invece non faccia alcuna differenza rispetto al semplice riposo.
C’era solo una debole evidenza scientifica che la crioterapia migliorasse la sensazione di benessere 24 ore dopo il trattamento e, la cosa più allarmante, nessuno degli studi analizzati ha riportato dati di sicurezza in merito agli effetti collaterali di questa pratica: vorrà dire che non causano nessun effetto collaterale? Anche se fosse così andrebbe comunque riportato questo dato nello studio scientifico. O piuttosto si tratta di omissione? Non lo sapremo, ma di certo, dal punto di vista etico e metodologico, non aver riportato queste informazioni non è di sicuro un punto a favore dei citati studi.

Il lettore potrebbe a questo punto essere confuso e chiedersi se la crioterapia è efficace e sicura o meno.
“Siamo ancora nel buio!” secondo i ricercatori britannici che hanno portato avanti gli studi e che concludono scrivendo che “non vi è alcuna prova che la crioterapia sia efficace e sicura per il dolore muscolare dopo l’esercizio fisico. Non ci sono inoltre evidenze nelle donne e negli atleti di alto livello. La mancanza di prove in merito agli eventi avversi è un importante fattore da considerare dato che l’esposizione a temperature così estreme può essere potenzialmente un azzardo”.
E la Food and Drug Administration, l’agenzia statunitense che vigila su farmaci, terapie e salute, conferma, non riconoscendo alcun beneficio a questa pratica, soprattutto per quanto riguarda i promessi effetti dimagranti e ringiovanenti. Non c’è inoltre alcuna evidenza scientifica della loro efficacia contro l’asma o il calo del desiderio sessuale e non ha effetti chiari sul metabolismo e la perdita di peso, oltre a non curare i cali dell’umore e la depressione.

Non ci sono quindi sufficienti evidenze scientifiche a supporto di questa pratica, ma nonostante questo i centri per la crioterapia stanno nascendo come funghi in alcune nazioni come gli Stati Uniti e anche in Italia stanno aprendo i primi centri per la criosauna.
E va detto che non è nemmeno così fondato anche l’assunto teorico proposto dalla Gazzetta dello Sport che, dopo aver frettolosamente ed erroneamente affermato: “la ricerca medica l’ha resa una terapia curativa sicura ed efficace” propone: “se così non fosse, non sarebbe largamente utilizzata sia dai professionisti di tutti gli sport, individuali e di squadra, sia dagli amatori”.
A quanto pare, invece, la realtà dei fatti non dimostra questo e non è garanzia di sicurezza ed efficacia terapeutica il solo fatto di veder applicate queste pratiche agli sportivi d’elite.

Rimane da capire perché sembra essere così tanto ricercata. E perché un atleta dovrebbe sottoporsi a questo trattamento senza precise garanzie.
Qualcuno l’ha chiesto a un portavoce della Welsh Rugby Union, il quale ha dichiarato alla BBC che erano a conoscenza del fatto che non vi fossero evidenze scientifiche sulla crioterapia, ma che il club “Pensa che funzioni e questo è il motivo per cui la usiamo”.
Basta davvero solo credere che qualcosa funzioni (un’opinione quindi) per far si che ci si possa sottoporre a pratiche di dubbia efficacia e soprattutto di dubbia sicurezza? Evidentemente no! Non dovrebbe essere così e forse i risultati dei ricercatori andrebbero consultati più di frequente.
Per dirla con le parole della Cochrane Collaboration “pensare” che qualcosa funzioni potrebbe anche portare a dei vantaggi, ma nessuna quantità di fede può proteggerci contro i danni potenziali dell’esporre il proprio corpo a temperature così estreme…in assenza di risposte dalla ricerca, dovrebbero “ri-pensarci”.

A dire il vero non è andata meglio nemmeno al metodo antesignano della crioterapia, ovvero l’antica borsa del ghiaccio: secondo ben 3 revisioni sistematiche Cochrane, è emerso che l’applicazione del freddo ha evidenze scientifiche soltanto di qualità “moderata”, nel miglioramento del movimento, della forza e soprattutto del dolore in persone che soffrono di artrosi al ginocchio, mentre ha qualche effetto nella riduzione del gonfiore, seppur gli studi non siano di qualità elevata.
Evidenze molto limitate anche riguardo l’efficacia nel mal di schiena e nel ridurre il dolore post-operatorio dopo interventi di protesi di ginocchio: i potenziali benefici del ghiaccio applicato sono troppo ridotti per giustificarne l’utilizzo anche se, a differenza della criosauna, in questo caso non sono riportati effetti collaterali significativi.
Chi fa uso di questo tipo di rimedio, dunque, può stare tranquillo trattandosi di un rimedio piuttosto sicuro, sebbene parzialmente efficace.

Concludo sostenendo che una corretta informazione scientifica aiuta i clinici ma soprattutto i pazienti nel prendere decisioni consapevoli e sicure in ambito sanitario; lo scopo di questa serie di commenti agli articoli della Cochrane UK è proprio quello di informare i pazienti e in particolare gli sportivi: per dirla con la frase d’esordio dell’articolo pubblicato sul sito dell’ente britannico: “per tutti coloro che ambiscono al podio o anche solo al parco giochi”!.

Bibliografia:
[1] http://www.evidentlycochrane.net/cryotherapy-its-cool-but-is-it-evidence-based
[2] http://www.bbc.com/news/health-34394138
[3] http://www.tuttosport.com/calcio/serie_a/juventus/2014/04/09-291250/Bonucci+ci+prende+gusto%3A+%C2%ABSelfie+agghiacciante%3A+-196%C2%BB
[4] http://www.oggi.it/bellezza/beauty-star/2015/04/23/crioterapia-da-demi-moore-a-cristiano-ronaldo-lultima-follia-delle-star-per-rimanere-giovani-e-in-forma/
[5] http://gossipblitz.com/2016/03/19/lindsay-lohan-daniel-craig-tutti-vip-pazzi-la-crioterapia/
[6] http://www.play4movie.com/bellezzasalute/il-segreto-di-daniel-craig-per-un-fisico-da-james-bond-142/
[7] http://letteradonna.it/175086/crioterapia-criosauna-trattamento-bellezza-lindsay-lohan-foto-istagram/
[8] http://nypost.com/2015/07/29/new-yorkers-are-literally-freezing-themselves-to-burn-off-calories/
[9] http://www.focus.it/scienza/salute/crioterapia-criosauna
[10] http://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2014/04/17/news/il-benessere-che-viene-dal-freddo-1.161726
[11] Costello JT. et al. Cochrane Database Syst Rev. 2015 Sep 18;(9):CD010789
[12] http://www.focus.it/scienza/salute/crioterapia-criosauna
[13] http://www.gazzetta.it/Sport-Vari/Fitness/26-06-2015/fitness-crioterapia-freddo-prevenire-curare-infortuni-120317239651.shtml
[14] Brosseau L. et al. Thermotherapy for treatment of osteoarthritis. Cochrane Database Syst Rev. 2003;(4):CD004522
[15] French SD et al.. Cochrane Database Syst Rev. 2006 Jan 25;(1):CD004750
[16] Adie S. et al.
Cryotherapy following total knee replacement. Cochrane Database Syst Rev. 2012 Sep 12;(9):CD007911

La Cochrane Collaboration è il più autorevole network scientifico internazionale di disseminazione delle informazioni scientifiche ed è un’istituzione indipendente e no-profit ispirata agli insegnamenti del padre della Medicina basata sulle Prove di Efficacia (l’epidemiologo scozzese Archibald Cochrane).
La mission della Cochrane Collaboration è quella di sintetizzare i risultati degli studi scientifici pubblicati, al fine di favorire un’informazione accessibile, libera da sponsorizzazioni commerciali e conflitti di interesse in ambito sanitario, con l’obiettivo ulteriore di agevolare la scelta delle decisioni cliniche da parte dei sanitari e la scelta consapevole da parte dei pazienti riguardo i trattamenti proposti.

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Prende il via la rubrica “Evidenze scientifiche nello Sport” curata dal dott. Viceconti https://www.fisio2000.it/prende-il-via-la-rubrica-evidenze-scientifiche-nello-sport-curata-dal-dott-viceconti https://www.fisio2000.it/prende-il-via-la-rubrica-evidenze-scientifiche-nello-sport-curata-dal-dott-viceconti#comments Wed, 24 Aug 2016 08:00:21 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=1035 Per 8 settimane, ogni giovedì, un approfondimento sul mondo della ricerca nel campo della fisioterapia sportiva

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Il 10 agosto, pochi giorni dopo la conquista dell’ennesima medaglia d’oro da parte di Michael Phelps alle Olimpiadi di Rio 2016, prendendo spunto dalla singolare vicenda dell’atleta statunitense che si è sottoposto alla tecnica pseudoscientifica del “cupping”, la Cochrane Collaboration, il più autorevole network scientifico internazionale indipendente di disseminazione delle informazioni scientifiche, ha pubblicato sul sito della divisione britannica della Collaborazione (Cochrane UK) una serie di prospetti informativi sul tema delle evidenze scientifiche nello sport.
Dalle pagine del Blog Fisio 2000 abbiamo quindi deciso di rilanciare l’iniziativa avviando, in collaborazione con il dott. Viceconti, una rubrica in 8 settimane che potesse approfondire ogni giovedì molte delle tematiche affrontate dalla Cochrane Collaboration, tra cui:

– l’utilizzo del ghiaccio nelle vasche refrigerate
– lo stretching
– le iniezioni in caso di tendinopatia achillea
– i tutori per i problemi al ginocchio
– l’applicazione di pomate anti-infiammatorie locali

L’intento è quello di sfatare alcuni dei falsi miti che ancora sono “di moda” tra gli atleti e gli addetti ai lavori e di sensibilizzare tutti gli sportivi e i tecnici riguardo l’importante tema della ricerca e delle evidenze scientifiche in ambito medico-sportivo.
Sono trascorsi ormai 46 anni da quando Archibald Cochrane, il padre fondatore della Medicina basata sulle Prove di Efficacia, scrisse il libro “L’inflazione Medica” in cui affermava che “all’interno delle strutture sanitarie non era etico pensare di erogare prestazioni se queste non determinavano benefici”.
E ne sono trascorsi altri 24 da quando sul The Journal of the American Medical Association veniva pubblicato, a firma di un altro tra i più importanti epidemiologi contemporanei, David Sackett, l’articolo-manifesto con cui formalmente si dava il “via” a quel movimento scientifico conosciuto come Evidence-Based Medicine, critico verso il vecchio sistema di fare scienza e medicina e intenzionato a basarsi solo sull’esperienza, sulle consuetudini e sul parere degli esperti del settore.
Nonostante questi lunghi anni e considerando gli enormi progressi che ha fatto la ricerca scientifica in alcuni ambiti, come ad esempio quello delle scienze riabilitative di cui la fisioterapia fa parte, non è infrequente sentir parlare di “vecchie mode” e tradizioni, care soprattutto al mondo dello sport in cui sono presenti molti “creduloni” come sostiene il “The Guardian”.

Appuntamento a giovedì 25 Agosto con la prima delle 8 puntate dedicata al tema dell’utilizzo delle vasche ghiacciate per alleviare i sintomi del dolore muscolare.
Potrete leggere tutti gli articoli della rubrica sul blog del sito nella sezione Evidenze scientifiche.

Buona Lettura.

La Redazione Fisio 2000

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Tra mito e realtà: quali evidenze scientifiche per per gli atleti? https://www.fisio2000.it/tra-mito-e-realta-quali-evidenze-scientifiche-per-per-gli-atleti https://www.fisio2000.it/tra-mito-e-realta-quali-evidenze-scientifiche-per-per-gli-atleti#comments Wed, 10 Aug 2016 22:39:58 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=1019 Per tutti gli atleti che vogliono vincere una medaglia d'oro...ma anche per tutti quelli che aspirano semplicemente a uno stile di vita attivo. Una riflessione del dott. Viceconti sull'evidenza scientifica nel mondo dello sport.

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Di recente hanno fatto il giro del mondo le immagini di Michael Phelps “tappezzato” di ematomi a forma di cerchio sulle muscolose spalle, esiti vistosi di una tecnica (chiamata “cupping”) che deriva dalla medicina tradizionale cinese e che viene proposta come “terapeutica”.
Eppure di terapeutico, stando a quanto riportano le evidenze scientifiche, non sembra esserci proprio niente in quanto ancora nulla è stato dimostrato e validato dal mondo della ricerca.
E’ lecito sostenere, dunque, che si tratta solamente della punta dell’iceberg di un fenomeno ben più complesso nonché dell’ultimo fenomeno alla moda in voga tra i personaggi famosi del mondo dello sport.
Quante pratiche “non convenzionali” vengono comunemente somministrate agli sportivi in assenza dei necessari fondamenti scientifici che ne possano giustificare un uso coscienzioso e terapeutico?
Molte, e tutte molto comuni tra gli sportivi secondo la Cochrane Collaboration, il più autorevole network scientifico internazionale di disseminazione delle informazioni scientifiche, noto per essere un’istituzione indipendente e no-profit ispirata agli insegnamenti del padre della Medicina basata sulle Prove di Efficacia (l’epidemiologo scozzese Archibald Cochrane).
La mission della Cochrane Collaboration è quella di sintetizzare i risultati degli studi scientifici pubblicati, al fine di favorire un’informazione accessibile, libera da sponsorizzazioni commerciali e conflitti di interesse in ambito sanitario, con l’obiettivo ulteriore di agevolare la scelta delle decisioni cliniche da parte dei sanitari e la scelta consapevole da parte dei pazienti riguardo i trattamenti proposti.
Riportiamo per completezza (in fondo alla pagina) l’articolo pubblicato da Cochrane UK, la “divisione” britannica della Cochrane Collaboration, che sintetizza le attuali evidenze scientifiche circa alcune delle più comuni pratiche terapeutiche utilizzate nel mondo dello sport, sfatando inesorabilmente una serie di falsi miti come l’utilizzo del ghiaccio, il ricorso allo stretching, le iniezioni in caso di tendinopatia achillea, i tutori per i problemi al ginocchio, l’applicazione di pomate anti-infiammatorie locali etc…

Buona Lettura!
Cochrane UK – Evidenze scientifiche riguardanti gli atleti

Dott. Ft. OMT Antonello Viceconti

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Vesciche: un vero e proprio infortunio per i runner. Come trattarle e come prevenirle https://www.fisio2000.it/vesciche-un-vero-e-proprio-infortunio-per-i-runner-come-trattarle-e-come-prevenirle https://www.fisio2000.it/vesciche-un-vero-e-proprio-infortunio-per-i-runner-come-trattarle-e-come-prevenirle#comments Sun, 24 Jan 2016 22:40:19 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=927 La comparsa di vesciche cutanee è un problema molto frequente per chi pratica podismo, soprattutto negli atleti di lunga distanza. Trattarle e prevenirle può aiutare a migliorare anche la biomeccanica della corsa.

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Il problema delle vesciche cutanee da frizione è sempre in agguato per chi pratica la corsa, soprattutto negli alteti che si cimentano sulle lunghe distanze (in primis maratoneti e ultramaratoneti) tanto da essere considerato da Krabak [1] e colleghi il problema sanitario più comune e l’infortunio più preoccupante nelle gare di endurance.
Sebbene per alcuni questo problema possa rappresentare soltanto un semplice “fastidio”, per altri invece costituisce una vera e propria forma di INFORTUNIO che può compromettere la prestazione portando in alcuni casi all’abbandono della competizione e progredire addirittura in sepsi.
Secondo alcuni studiosi [2,3] la formazione delle vesciche interessa tra lo 0.2% e il 39% dei maratoneti, arrivando a numeri compresi tra il 32% e il 45% negli eventi distribuiti su più giorni sino al 70% e oltre nelle ultramaratone di più giorni, in cui solitamente si manifestano fra la terza e la quarta giornata di gara.
Nello studio è inoltre riportato come gli atleti più “esperti” siano meno soggetti alla formazione di vesciche, sebbene il motivo di ciò non sia ancora chiaro [1].
Gli studi evidenziano l’impatto sul fisico della corsa prolungata nel tempo ma allo stesso tempo suggeriscono un approccio preventivo a questi disturbi, grazie all’analisi del meccanismo di formazione delle vesciche.
La causa principale della formazione di vesciche è la ripetuta azione della superficie cutanea contro un’altra superficie; la forza di attrito si oppone al movimento del piede e viene accentuata dal contatto della parte esterna di quest’ultimo con la calza o la calzatura.
Quando le forze di taglio orizzontali superano la resistenza del piede, lo scivolamento ripetuto in un punto di frizione causa l’esfoliazione dello strato corneo e provoca un eritema intorno a quest’area.
Questa situazione è facilmente riconosciuta dall’atleta come sensazione di calore in quella zona e causa la delaminazione e lo sfaldamento delle cellule epiteliali portando all’accumulazione di fluidi, quindi alla formazione della vescica.
La formazione di un eritema o di una vescica in gara potrebbe alterare la corretta biomeccanica della corsa, causando delle possibili strategie di “evitamento” del dolore da parte dell’atleta e predisponendolo potenzialmente all’insorgenza di infortuni.

TRATTAMENTO:

Il trattamento delle vesciche va effettuato il prima possibile in quanto migliora il risultato finale, riduce il dolore e minimizza le complicazioni dovute sia al danneggiamento dei tessuti che alle infezioni.
La cura delle “bolle” non è complicata ma può essere più o meno lunga a seconda dell’entità del danno. Ogni atleta dovrebbe familiarizzare con queste tecniche quando decide di diventare un runner, prima di trovarsi di fronte a situazioni di complessa risoluzione.
In italia la figura sanitaria specializzata nella cura e nella prevenzione dei disturbi del piede è il podologo, per cui in tutti i casi in cui si renda necessario è importante rivolgersi a questo specialista.
Per fortuna non sempre il problema delle vesciche è tale da dover ricorrere a delle vere e proprie cure mediche.
Di seguito viene proposto un semplice trattamento fai da te volto a minimizzare la frizione del piede durante la corsa e a prevenire la formazione delle vesciche quando sono già presenti degli eritemi.
Il modo più semplice per trattare degli eritemi o delle vesciche di moderata entità è quello di utilizzare opportunamente due calzini per creare un sistema a basso attrito e minimizzare lo sfregamento contro la pelle del piede.
L’obiettivo da raggiungere è quello di ottenere una frizione maggiore tra gli strati di tessuto dei calzini rispetto a quella tra la pelle e la calza a diretto contatto con essa. Vediamo come.

Il primo calzino da indossare, come dimostrato da alcuni studi [4,5], non deve essere in cotone, bensì liscio, sottile e di facile calzata come quelli in tessuto sintetico; questi tessuti sono ideali per essere indossati come strato interno a contatto con il piede, dal momento che aiutano a seguirne i naturali movimenti e aiutano nel controllo dell’umidità, trattenendone meno e assorbendone di più.
Il secondo calzino da indossare, invece, deve essere più spesso, magari con rinforzi in spugna nei punti più “delicati”; in questo modo tenderà a seguire la calzatura, massimizzando l’attrito con il calzino liscio e preservando il piede dell’atleta. Inoltre sarà anche in grado di comportarsi da “cuscino” in caso di urti accidentali.

PREVENZIONE:

Alcuni studi hanno esaminato l’efficacia di vari prodotti tra cui gli antritraspiranti, le polveri i lubrificanti o i tape nella prevenzione degli eritemi e delle vesciche.
Gli scaffali delle farmacie e dei negozi per runner sono pieni di potenziali soluzioni: idealmente questi prodotti dovrebbero essere sottili, facili da applicare e ben aderenti alla pelle.
Analizziamone alcuni:

­- il nastro di carta è aneddoticamente utile e, sebbene non ideale nelle condizioni di umidità eccessiva, dato il suo basso costo, la facilità d’uso e la sua setosità è il primo strumento utile che si può applicare su un eritema per prevenire la formazione di una vescica.

­- gli antitraspiranti e le polveri sono state proposti come misure preventive nella diminuzione dell’umidità dell’interfaccia piede-calza. Sebbene gli studi clinici abbiano dimostrato come gli antitraspiranti siano efficaci nella prevenzione delle vesciche, allo stesso tempo è stato verificato che causano spesso irritazione cutanea e questo aspetto ne limita l’utilità in chi soffre di eccessiva sudorazione (iper idrosi).
Nonostante l’ampia pubblicizzazione dei prodotti a base di polvere, quindi, non ci sono evidenze provenienti da studi scientifici circa la prevenzione delle vesciche a seguito dell’utilizzo di questi prodotti.

­- i lubrificanti apparentemente prevengono la formazione delle veschiche diminuendo la frizione dell’interfaccia piede-superficie di contatto. Alcuni studi hanno dimostrato come dopo l’applicazione di sostanze lubrificanti sulla pelle ci sia un iniziale decremento del coefficiente di frizione ma che, entro un’ora, questo parametro ritorna al valore di partenza con un successivo incremento dell’attrito del 35% in più rispetto ai valori iniziali nelle 4/6 ore successive. Gli studi clinici suggeriscono come con l’esercizio prolungato l’uso dei lubrificanti possa contribuire alla formazione delle vesciche piuttosto che alla loro prevenzione per cui va tenuto in conto che, qualora utilizzati, vanno necessariamente ri-applicati di frequente.

Per concludere vi proponiamo un interessante contributo.
Lo sapevate a cosa serve il primo buco per i lacci (quello più laterale) che nessuno usa mai?
Scopritelo nel video seguente che ci mostrerà un semplice rimedio per migliorare il comfort e la stabilità del sistema scarpa-piede.

 

 

Bibliografia:

[1] Injury and Illnesses Prevention for Ultramarathoners
[2] Mailler EA, Adams BB. The wear and tear of 26.2: dermatological injuries reported on marathon day. Br. J. Sports Med. 2004; 38:498Y501
[3] Krabak BJ, Waite B, Schiff MA. Study of injury and illness rates in multi-day ultramarathon runners. Med. Sci. Sports Exerc. 2011; 43:2314Y20
[4] Dai XQ, Li Y, Zhang M, Cheung JT. Effect of sock on biomechanical responses of foot during walking. Clin. Biomech. (Bristol, Avon). 2006; 21:314Y21.
[5] Herring KM, Richie DH Jr. Friction blisters and sock fiber composition. A double-blind study. J. Am. Podiatr. Med. Assoc. 1990; 80:63Y71.

 

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Accesso diretto in fisioterapia: un sistema virtuoso. Tra gli autori dell’articolo anche il dott. Viceconti https://www.fisio2000.it/accesso-diretto-in-fisioterapia-un-sistema-virtuoso-tra-gli-autori-dellarticolo-anche-il-dott-viceconti https://www.fisio2000.it/accesso-diretto-in-fisioterapia-un-sistema-virtuoso-tra-gli-autori-dellarticolo-anche-il-dott-viceconti#comments Tue, 22 Sep 2015 21:47:20 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=737 Lavoro appena pubblicato sulla rivista Scienza Riabilitativa dell' A.I.FI. , a cui ha partecipato come co-autore anche il dott. Viceconti.

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Pubblichiamo il Professional Issue appena uscito sulla rivista Scienza Riabilitativa dell’ A.I.FI. (Associazione Italiana Fisioterapisti) a cui ha partecipato come co-autore anche il dott. Viceconti.
La revisione della letteratura scientifica analizza il cosiddetto “Accesso Diretto” già da molti anni in vigore in molti Paesi d’Europa, negli Stati Uniti e in Australia, cioè il sistema in cui gli studi fisioterapici sono direttamente accreditati e convenzionati presso il Sistema Sanitario Nazionale.
Dallo studio emerge come questo modello organizzativo sia efficace, sicuro ed efficiente nella gestione del paziente con disturbi muscolo scheletrici, rispetto al sistema in cui i pazienti sono “riferiti” al fisioterapista dopo il passaggio dal medico.
In particolare risultano migliori gli indicatori sulla soddisfazione del paziente, la quantità di esami strumentali e di farmaci richiesti, i giorni di lavoro persi e l’aderenza al programma fisioterapico.
Pertanto si può affermare che l’accesso diretto rappresenta un modello organizzativo virtuoso in grado di contribuire ad un incremento della qualità globale del servizio fisioterapico fornito dal sistema sanitario.
Si auspica pertanto che il Governo e il Ministero della Salute possano tenere conto nelle loro scelte anche dei risultati di questo studio, per mettere in atto nuove politiche che mirino al miglioramento dei servizi riabilitativi sul Territorio. Buona Lettura.

Dott. Ft. OMT Antonello Viceconti

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Gli effetti della borsa sull’attività muscolare del trapezio https://www.fisio2000.it/gli-effetti-della-borsa-sullattivita-muscolare-del-trapezio https://www.fisio2000.it/gli-effetti-della-borsa-sullattivita-muscolare-del-trapezio#comments Thu, 06 Aug 2015 11:01:31 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=587 I risultati di un recentissimo studio suggeriscono che la postura che si assume portando una borsa va a stressare principalmente il muscolo trapezio.

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I risultati di un recentissimo studio suggeriscono che la postura che si assume portando una borsa va a stressare principalmente il muscolo trapezio, oltre che gli erettori spinali e il gran dorsale.
Portare la borsa su entrambe le spalle dovrebbe essere la condizione migliore per ridurre l’attività muscolare spinale e questo può, a sua volta, ridurre episodi di mal di schiena.
Buona lettura.

Gli effetti della borsa

Dott. Ft. OMT Antonello Viceconti

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Traduzione Italiana dei consigli del JOSPT sul rinforzo dei muscoli dell’anca https://www.fisio2000.it/traduzione-italiana-dei-consigli-del-jospt-sul-rinforzo-dei-muscoli-dell-anca https://www.fisio2000.it/traduzione-italiana-dei-consigli-del-jospt-sul-rinforzo-dei-muscoli-dell-anca#comments Sun, 26 Jul 2015 07:37:53 +0000 http://www.fisio2000.it/?p=550 Traduzione Italiana dei consigli del JOSPT sul rinforzo dei muscoli dell'anca a cura di Antonello Viceconti, Michele Monti e Davide Albertoni.

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Appena pubblicato sul sito della rivista internazionale Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy un interessante articolo sul rafforzamento della muscolatura dell’anca.
La traduzione italiana è stata curata dal Dott. Viceconti insieme ai colleghi Michele Monti e Davide Albertoni. E’ possibile scaricare l’articolo gratuitamente al link seguente: Traduzione Italiana dei consigli del JOSPT sul rinforzo dei muscoli dell’anca.
Buona Lettura.

Dott. Ft. OMT Antonello Viceconti

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