Yoga: a rischio le anche sia degli insegnanti che degli allievi

Alcune riflessioni sulle problematiche legate alla pratica dello yoga partendo da un’interessante intervista a Benoy Matthews pubblicata sul sito inglese della BBC

Yoga: a rischio le anche sia degli insegnanti che degli allievi

In un’intervista pubblicata sul sito inglese della BBC, Benoy Matthews, un fisioterapista britannico specializzato nelle problematiche dell’anca e del ginocchio con più di vent’anni d’esperienza nel campo, mette in guardia sul crescente numero di insegnanti di yoga che incorrono in problematiche all’anca, talvolta anche gravi, al punto da dover ricorrere alla chirurgia.

La maggior incidenza di questi infortuni potrebbe essere causata dalle posizioni in eccessiva chiusura che avvengono tra alcune parti del corpo, come avviene ad esempio tra gli arti inferiori e il tronco. In alcune delle posizioni previste dallo Yoga si richiede di mantenere ripetutamente alcune posizioni “obbligate” e oltre il limite fisiologico. Il dott. Matthews afferma di visitare 4 o 5 insegnanti di Yoga al mese: circa la metà necessità semplicemente di consigli su come praticare in maniera più fisiologica alcune delle posizioni “prescritte” dallo yoga, in modo da non stressare troppo le articolazioni. Ma altri, con problematiche più serie o in fase avanzata, sono costretti a ricorrere alle cure mediche o addirittura alla chirurgia ortopedica, che talvolta prevede addirittura l’impianto di una protesi totale d’anca.
“Spesso le persone confondono la sensazione di tensione e stiramento con il dolore”, afferma. “Se si avverte una sensazione di blocco, rigidità o di schiacciamento nella zona dell’inguine, non dovrebbe essere ignorata”, prosegue, “Occorre saper conoscere i propri limiti”.
Inoltre il dott. Matthews osserva che per chi pratica Yoga può essere facile interpretare una sensazione di rigidità muscolare che deve essere “vinta” attraverso le posizioni mantenute, con una sensazione di dolore e rigidità articolare che invece dovrebbe farci smettere di insistere. Matthews tiene a precisare nel suo intervento al sito della BBC che non intende “accusare” lo yoga, d’altronde egli stesso lo pratica e riconosce il beneficio che apporta alla salute questo tipo di attività fisica. “Ma come ogni altra cosa, può causare dei danni e non si può metterla su un piedistallo”. Occorre capire e interpretare i segnali che ci invia il nostro corpo e sapere quando probabilmente abbiamo oltrepassato il nostro limite.
Nelle classi di Yoga, specie se numerose, non è possibile effettuare un’efficacie supervisione di tutti gli allievi. Potrebbe risultare automatico talvolta imitare ciò che fanno gli altri partecipanti, ma occorre ricordare che le posizioni che riesce a raggiungere e mantenere una persona potrebbero non essere fattibili per altre. Matthews suggerisce quindi di cercare il proprio limite attraverso il raggiungimento di posizioni comode e confortevoli per se stessi, piuttosto che raggiungere posizioni fino in fondo a quello che sarebbe il limite teorico previsto dalla disciplina: “solo perché la persona che ti sta accanto può arrivare fino in fondo non vuol dire che sia necessario e utile anche per te fare lo stesso”.

Condivido con il dott. Matthews la mia esperienza con pazienti che frequentavano yoga e che si sono rivolte a me per patologie all’anca. Rispetto alla casistica riportata dal collega inglese, devo dire che ad oggi non è per fortuna mai capitato di dover indirizzare dei pazienti verso la chirurgia ortopedica: nella maggior parte dei casi la risoluzione dei sintomi e il completo ritorno allo yoga si è completato nel corso di circa 2 o 4 mesi al massimo. Tuttavia, rispetto all’età media riportata dal collega Matthews (40-42 anni), devo riportare purtroppo una casistica con età inferiore, intorno ai 34-35 anni, solitamente di sesso femminile.
Inoltre i pazienti da me visitati non sono soltanto insegnanti, anzi per lo più si tratta di allievi.
I sintomi più frequentemente riportati sono la rigidità in alcuni movimenti anche della vita quotidiana, come accavallare le gambe o alzarsi dopo essere stati seduti per molto tempo, e il caratteristico dolore nella zona tra l’inguine e l’interno coscia, spesso indice di una patologia all’interno dell’articolazione dell’anca.
In questi casi occorre fermarsi dal praticare questa attività e richiedere il consulto di un fisioterapista specializzato che possa valutare un’eventuale disfunzione a carico dell’articolazione o della muscolatura che ne controlla i movimenti. Non sempre è necessario effettuare degli accertamenti radiografici, anche per via dei cosiddetti “falsi positivi” (1, 2), ovvero la presenza di referti teoricamente anomali ma non necessariamente correlati ai sintomi del paziente, che si riscontrano in questi esami anche nelle persone che non soffrono di alcun disturbo.
La crescente popolarità acquisita dallo Yoga negli ultimi decenni l’ha resa una delle attività fisiche più praticate al mondo, anche per via dei positivi effetti che ne derivano legati al benessere psicologico e al rilassamento, oltre che al benessere fisico.

Tuttavia, occorre avvertire sia gli insegnanti che gli allievi dei potenziali rischi che derivano da una pratica scorretta di questa disciplina: per citare le parole di Natalie Gartshore, un’insegnate di Yoga di lungo corso intervistata dalla BBC, “penso che lo Yoga sia vittima del suo stesso successo”: Natalie ha insegnato Yoga per 16 anni e denuncia la scarsa preparazione di alcuni insegnanti. “Non credo che ti venga detto abbastanza sull’anatomia e la fisiologia quando ti stai formando come istruttore. Il rischio è di eccedere con i limiti del proprio corpo”. La Gartshore, che a 40 anni ha subito un danno alla cartilagine dell’anca, esprime inoltre le proprie preoccupazioni sui carichi articolari a cui sono sottoposti gli insegnati di Yoga che seguono 5 o 6 classi al giorno e spesso anche durante i week end.

A conclusione di questo commento all’articolo pubblicato dal sito internet della BBC, suggerisco agli allievi e agli insegnanti di Yoga di prestare attenzione ai sintomi all’anca descritti, che compaiono durante il mantenimento delle posizioni dello Yoga, specie se questi non si risolvono spontaneamente con la sospensione temporanea dell’attività, se si ripresentano con il ripetersi delle posizioni o se ancor peggio si ripercuotono anche su altre attività extra-sportive e spesso basilari come la salita e discesa delle scale, l’accavallamento delle gambe, la posizione mantenuta a lungo come ad esempio durante i viaggi in auto o, nei casi peggiori, nelle posizioni che si assumono durante il sonno.
Non bisognerebbe arrivare ad una situazione in cui il dolore all’anca sia presente anche durante il cammino, onde evitare di giungere alla riabilitazione in fase troppo tardiva per poter avere dei benefici dalla fisioterapia, con il rischio di dover ricorrere alla chirurgia.

Dott. Ft. Antonello Viceconti Fisioterapista Specializzato in Riabilitazione dei Disturbi Muscoloscheletrici Dottorando di Ricerca in Neuroscienze

Bibliografia tratta da: www.bbc.com/news/health-50181155

1) www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5861026/
2) www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25636988

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